ChatGPT e la scuola

L’arrivo di ChatGPT ha generato scompiglio nel web, sui media, e anche a scuola. Come è possibile valutare gli studenti quando hanno accesso a un sistema in grado di generare testi ben scritti su qualsiasi argomento in pochi secondi? E soprattutto, perché gli studenti dovrebbero studiare, se un chatbot è in grado di fornire loro tutte le risposte che cercano? In questo articolo cerchiamo di capire meglio che cosa è ChatGPT e cosa sono i generatori di linguaggio, e che impatto possono avere sulla scuola.

IA ristretta e generale

L’Intelligenza artificiale (IA) è un ambito di ricerca interdisciplinare che negli anni ha prodotto molti risultati interessanti e applicazioni utili. Esistono infatti molti sistemi settoriali (o ristretti), in cui l’IA è in grado, in ambiti puntuali e ben definiti, di svolgere compiti “intelligenti”, cioè che per noi umani richiedono l’applicazione quella misteriosa facoltà di capire le cose e dare loro un senso, che chiamiamo appunto intelligenza. Per contro, i ricercatori in IA conoscono bene l’ostacolo apparentemente insuperabile di creare un’IA generale, capace cioè di applicare la propria “intelligenza” a qualsiasi ambito, un po’ come facciamo (o ci sforziamo di fare) noi.

L’annuncio dell’uscita di ChatGPT ha colto molti di sorpresa, perché questo chatbot è in grado di sostenere conversazioni su qualsiasi argomento. È dunque il primogenito delle intelligenze artificiali generali, il primo che ha superato quel limite apparentemente invalicabile? Se così fosse, questo sistema sarebbe un oracolo praticamente onniscente, che ci farà dimenticare Google Search e Wikipedia, per non parlare di biblioteche, archivi e giornali. C’è persino chi ha pronosticato la fine del giornalismo e la sostituzione degli insegnanti in carne ed ossa. Dobbiamo allora preoccuparci?

ChatGPT come modello linguistico

Per capire questa tecnologia bisogna partire dal fatto che ChatGPT è un modello di generazione del linguaggio, e non un sistema di conoscenza.

In maniera poco ortodossa e un po’ irrispettosa, possiamo immaginarci ChatGPT come un’anziana signora che, seduta in poltrona, ha ascoltato attentamente milioni di conversazioni. Potete prounciare qualsiasi parola, e lei potrà farne un discorso e chiacchierare con voi. La sua abilità non risiede nell’immensa conoscenza delle cose e del mondo, ma delle parole: la signora, oltre a dominare grammatica e sintassi, sa quali parole si sentono spesso vicine ad altre, e grazie a questo riesce a strutturare discorsi che a noi paiono sensati. Inoltre, ha molta esperienza, quindi sa quali tipi di risposte risultano più soddisfacenti di altre.

Le corna del coniglio

Significa questo che ChatGPT – la nostra signora – è davvero intelligente? Ecco come l’ho messa alla prova:

Evidentemente ChatGPT coglie le parole chiave del discorso, ma non sa assolutamente che i conigli non hanno corna; cioè, non sa assolutamente di che cosa stia parlando. Potete fare la prova con le uova di mucca o la ricetta della sghiribiciaccola (in questo caso mi ha risposto che non fornisce ricette che richiedano l’uso di specie in via d’estinzione). ChatGPT non ha un modello del mondo: sa come si combinano le parole, ma non conosce gli oggetti e le esperienze cui quelle parole fanno riferimento. In termini linguistici, potremmo dire che resta confinato nella sfera dei significanti, senza accedere mai davvero ai significati. Un po’ come se la nostra signora ascoltasse sì tanti discorsi, ma non fosse mai uscita di casa per vedere il mondo. E questo alle volte, le genera delle allucinazioni: prende cioè per reali cose che non lo sono.

Dobbiamo allora concludere che ChatGPT è stupido? Sarebbe un errore: parlare correttamente è una manifestazione di intelligenza, e questo è il dominio specifico (il settore) di ChatGPT. Ma sappiamo bene che, anche tra gli esseri umani, il saper parlare di una cosa non dimostra necessariamente la conoscenza di quella cosa.

Possiamo però osservare che nell’espressione “intelligenza artificiale”, la parola “intelligenza” viene usata metaforicamente. Noi stessi non siamo in grado di definire questa nostra misteriosa e affascinante facoltà, né tantomeno possiamo pensare di riprodurla artificialmente.

IA e scuola

Alcuni studenti sicuramente cercheranno di utilizzare ChatGPT per farsi fare i compiti. Questo significa che bisognerà fare attenzione a non lasciar svolgere prove di valutazione scritte  senza alcun controllo. Questo problema però non è molto differente dallo studente che copia intelligentemente da Wikipedia. Correranno comunque il rischio è quello di trovarsi nei guai: un’avvocato di New York con 30 anni di esperienza ha fatto stilare a ChatGPT una lista di casi simili a quello che aveva tra le mani; il giudice ha dovuto informarlo che diversi dei casi citati erano semplicemente inesistenti, e ha chiesto un intervento disciplinare dell’ordine degli avvocati (la notizia, del 27 maggio 2023, si trova sul sito della BBC https://www.bbc.com/news/world-us-canada-65735769.amp).

Ben più interessanti è invece usare ChatGPT per far conoscere agli studenti l’IA: è un ottimo caso di applicazione aperta a tutti e che permette di “toccare con mano” l’IA. Che cosa è davvero l’IA? Come questi sistemi “imparano” e in che senso sono “intelligenti”? Per quali applicazioni si utilizzano? Il tema è rilevante, perché algoritmi di IA si trovano all’interno dei social network, in tanti sistemi web, nell’ambito commeciale, della salute e dell’intrattenimento.

Inoltre, possiamo provare a utilizzare ChatGPT come strumento del nostro lavoro di docenti. Ad esempio, possiamo farci suggerire un piano lezione, delle domande per un test, o degli scenari narrativi. Se abbiamo capito come funziona, lo useremo come supporto e non come fonte affidabile – ma sicuramente potremo risparmiare del tempo e magari trovare qualche buona idea (esattamente come possiamo trovare buone idee anche usando un motore di ricerca o su Wikipedia).

Infine, possiamo suggerire agli studenti dei modi intelligenti di utilizzare ChatGPT. Ad esempio, è possibile chiedergli di formulare delle domande su alcuni temi di studio, diventando così un “compagno di studio” virtuale. Oppure, possiamo chiedergli di aiutarci a riformulare un testo in maniera più o meno formale, a fare un riassunto, o a scrivere un pezzo di software. Ancora una volta, sarà uno strumento che non esimerà gli studenti da un impegno in prima persona.

Come per i motori di ricerca, le opere di consultazione digitale, i traduttori online, e molte altre applicazioni digitali, la sfida è comprenderne la natura e imparare a usarli con vera intelligenza, senza lasciarsi intimidire dalla parola “intelligenza artificiale”


Cover picture by Deepak Pal on Flickr.com